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In conseguenza della separazione genitoriale i bambini possono sperimentare segni di disagio di varia natura ed entità: da rabbia e frustrazione ad ansia, depressione, regressioni varie e problemi comportamentali o cosiddetti disadattati più generali, (che il bambino può manifestare nei diversi contesti, non solo all'interno della famiglia).

Dovrà allarmare la perdita di interessi, l'isolamento, i problemi scolastici o il disinvestimento in attività che prima della separazione erano fonte di gioia e soddisfazione per il minore.

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DA COSA ORIGINANO I SINTOMI NEL MINORE   - Fondamentalmente sono tre i fattori da cui originano i segni di disagio: l’angoscia dell’abbandono: l’allontanamento provoca un'angoscia abbandonica che può portare il minore a sviluppare comportamenti disadattavi.

Ansia, depressione sintomi regressivi e comportamenti di aumentata dipendenza (l'enuresi, la richiesta del biberon, la richiesta di dormire nel letto con il genitore …), possono poi essere, inconsapevolmente, rafforzati dai genitori. Il desiderio del genitore che vive col minore di stabilire un legame più stretto con questo può colludere col bisogno dello stesso di non perdere "l’unico" rapporto che gli è rimasto e sostenere i sintomi regressivi e la dipendenza.

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IL DISORIENTAMENTO DEI MINORIIl disorientamento: il minore deve riorganizzarsi in una situazione nuova e di crisi, che non ha determinato lui anche se spesso, può sentirsi responsabile. La separazione di un genitore è per il minore non solo un’esperienza di perdita di un affetto primario, ma anche di perdita di un’identità, quell’identità è ancora strettamente collegata ad un’identità familiare, che si sta invece dissolvendo.
L’affidamento all’uno o all’altro genitore rappresenta pertanto il nuovo assetto organizzativo, in cui il minore realizza il proprio diritto alla formazione e allo sviluppo della propria personalità, sviluppa le proprie capacità di fronteggiare le situazioni di disagio, la propria capacità futura di costruire relazioni affettive e sociali e l’eventuale disadattamento. Gli esiti dipendono, naturalmente, anche dall’età che il minore ha raggiunto al momento della separazione.

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IL CONFLITTO DI LEALTA' - Poi c’è il conflitto di lealtà: nei casi di elevata conflittualità il minore è spesso utilizzato nel conflitto genitoriale; frequenti sono i casi in cui viene considerato come una sorta di premio o di risarcimento. Il minore, conteso, finisce col dover scegliere l’uno o l’altro perché l’alleanza ad uno solo è più funzionale alla propria sicurezza. In questo complesso meccanismo l’attenzione al figlio può anche portare lo stesso a cercare vantaggio proprio dal litigio dei genitori. Nei casi più gravi il minore si schiera completamente dalla parte del genitore convivente, arrivando a rifiutare categoricamente il genitore non affidatario e addirittura avviare una campagna di denigrazione, non giustificata, nei confronti dello stesso. Ciò è quanto accade nelle cosiddette Sindromi da Alienazione Parentale (PAS).

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Ogniqualvolta l’affidamento condiviso non rappresenti la soluzione migliore per il minore, a scegliere il genitore affidatario sarà lo stesso magistrato, di fatto arbitro assoluto in materia 

Tuttavia, essendo sprovvisto del bagaglio tecnico e culturale proprio di uno specialista, per valutare la maggiore idoneità genitoriale dell’uno o dell’altro coniuge senza correre il rischio di arrecare pregiudizio al minore, il giudice può incaricare un esperto (generalmente uno psicologo) di compiere un’indagine di natura psicologica sulle capacità genitoriali di entrambi, garantendo così che la sua decisione finale sia basata su una conoscenza specialistica dei legami affettivi, delle fasi di sviluppo, nonché del comportamento umano nei suoi aspetti sia normali sia patologici, e pertanto quanto più obiettiva possibile.
 

Tale esperto prende il nome di “consulente tecnico d’ufficio”, meglio conosciuto come “CTU”.

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